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Le
vicende edilizie
1.1 La Rocca Brivio: notizie bibliografiche
Uscendo da Milano e percorrendo la via Emilia, dopo aver incontrato
San Donato e San Giuliano Milanese, poco prima di Melegnano, sulla
sinistra si scorge la Rocca Brivio, piuttosto isolata nella campagna,
solidamente collocata su un rilievo naturale non lontano dal Lambro.
Nonostante il nome, si tratta di un palazzo (foto
1 - 2).
La prima notizia che se ne ha è del 1264 (1).
Una "Rocha" è citata nell'atto di consegna di
alcune terre nel territorio di Zibido (oggi Zivido), di proprietà
della chiesa di San Calimero e del monastero di Sant'Apollinare
di Milano, a Baldo di Melegnano, servitore del comune di Milano.
Quasi un secolo dopo, nel testamento di Bernardo de Capitani (1356)
(2) è
nominato un "castrum" a San Giuliano che si può
identificare con la Rocca.
Tutti gli studiosi che se ne sono in qualche modo occupati sostengono
che la Rocca Brivio è stata costruita su parte delle fondamenta
di un castello medievale, di pianta quadrangolare, e rilevano
che del baluardo originario essa conserva i bastioni circostanti,
il fossato e il basamento (3),
o comunque che ne restano riconoscibili tracce. Tali rilievi si
fondano soltanto su valutazioni empiriche e notizie bibliografiche
(4).
C'è anche chi afferma che la Rocca attuale incorpora una
torre dell'antico castello (5).
In effetti, l'oratorio della Rocca, all'angolo esterno della L
formata dalle due ali principali, sembra proprio corrispondere
a quella che doveva essere una torre (foto
03 - 4).
Una conferma a questa ipotesi viene dal rilievo, dal quale risulta
evidente la rastremazione dei muri: in corrispondenza della porta
principale il muro e di 92 cm., all'altezza delle finestre del
piano nobile è di 78 cm. e all'altezza della cella campanaria
è di 40 cm. circa (6).
E pure il corpo che sporge sulla facciata nord, col basamento
scarpato, quasi completamente interrato all'interno e che ora
svolge funzione di terrazzo, con un parapetto dello spessore di
80 cm. può essere il resto di un originario baluardo.
Anche sulla data di costruzione della Rocca gli studiosi sostanzialmente
concordano, collocandola a cavallo fra il XVII e il XVIII secolo
(7).
Gli autori di L'arte nel territorio di Melegnano sono i più
precisi: "… Il Palazzo fu totalmente ricostruito da
Luigi Brivio, probabilmente dopo il 1657. Forse si può
credere alla datazione 167 … incisa sopra un mattone sormontante
la porta a sinistra dell'ingresso principale (sotto il portico
della corte nobile). Tale datazione autorizzerebbe a ritenere
che la ricostruzione del palazzo sia avvenuta attorno all'ottavo
decennio del '600" (8).
A conferma, gli autori segnalano il testamento di Luigi Brivio,
datato 31 maggio 1676. Nel quale però non c'è alcun
cenno della Rocca (9).
E, a chiarire perché la ricostruzione non sarebbe anteriore
al 1657, ricordano che in quell'anno Luigi Brivio fu Vicario di
Provvisione e "forse proprio a seguito di quella nomina egli
edificò la Rocca" (10).
In realtà, dei lavori di costruzione della Rocca non si
ha nessuna notizia attendibile. Nel portico interno i mattoni
con incisa una data sono due, sormontanti l'uno una porta, l'altro
una finestra cieca, e la data che se ne può dedurre è
il 1672 o il 1675. Tuttavia va segnalato un documento del 3 novembre
1654 (11):
Melchiorre de Corti, agrimensore pubblico in Melegnano, dichiara
di aver misurato, su incarico di Luigi Brivio, il giardino "situato
nel luocho della Rocha Bripia" e che, "compresa la Colinetta
et strade e stradone cominciando vicino il palazio", esso
risulta di 25 pertiche. Il "palazio" dunque esisteva
già a quella data? O quantomeno a quella data erano già
in corso i lavori di costruzione? In tal caso, perderebbe fondamento
l'ipotesi che Luigi Brivio avrebbe deciso di ricostruire la Rocca
non prima del 1657. Infine, Annibale Brivio, nella sue Ricerche
sulla storia della famiglia, nella scheda biografica di Luigi
scrive che "tale ricostruzione costò 70.000 lire imperiali",
ma non cita la fonte di tale notizia (12).
Comunque, quale che sia la datazione esatta, è incontestabilmente
a Luigi Brivio che si deve la costruzione della Rocca. Laureato
a Bologna in diritto canonico e civile, uomo anche di lettere,
autore di orazioni e di poesie latine, Luigi ricoprì prestigiose
cariche pubbliche e fu Vicario di Provvisione ben tre volte: nel
1657, nel 1664 e nel 1676 (l'anno della sua morte). Nel 1666,
quando la principessa Margherita, figlia di Filippo IV di Spagna,
stava per andare sposa all'imperatore Leopoldo, fu invitato a
Venezia per ottenere che quella Repubblica decretasse festose
e degne accoglienze alla futura imperatrice di passaggio per il
territorio veneto (13).
A parte la sua dimensione anche mondana, quest'ultimo incarico,
assegnato a Luigi dopo il secondo vicariato, rappresentava senza
dubbio la consacrazione di una brillante carriera politica. Il
Vicario e i XII del Tribunale di Provvisione dirigevano tutta
la vita della città, con poteri superiori a quelli che
hanno oggi il sindaco e la giunta comunale: il Vicario di Provvisione
era insieme capo dell'amministrazione civica e giudice nella cause
d'interesse cittadino in materia tributaria o di polizia; il Tribunale
di Provvisione, la cui giurisdizione si estendeva su tutto il
ducato, provvedeva ad assicurare il rifornimento di vettovaglie
alla città e a fissare i prezzi, controllava il bilancio
delle spese e delle entrate, curava, insieme con l'arcivescovo,
l'amministrazione della cattedrale, nominava i dipendenti del
Comune, regolava con leggi suntuarie il lusso e i costumi.
Appare naturale quindi che, arrivato al traguardo del Vicariato,
Luigi Brivio abbia pensato di coronarlo con la costruzione di
un'adeguata residenza di campagna. E non poteva, forse, non farlo,
se si considera la moda diffusasi fin dagli inizi del secolo fra
le grandi famiglie milanesi di costruirsi ville in campagna o,
come dice il titolo di una famosa opera di Marc'Antonio Dal Re,
"case di delizia o siano palagi camperecci". Una moda
che impegnava la nobiltà in una gara a chi costruiva più
grande e più bello, cui un nobile ambizioso come Luigi
Brivio non poteva sottrarsi (14).
E' impossibile dire come poi abbia preso corpo l'impresa. A quale
architetto fu affidato il progetto? Il committente intervenne,
e in che misura, nella sua redazione? Non esistono documenti da
cui si possa dedurre qualche più preciso tratto della personalità
di Luigi Brivio, e del piano dell'opera non resta la benchè
minima traccia.
Si può tuttavia osservare che, per ormai lunga tradizione,
l'aristocrazia milanese non puntava, per le sue "case di
delizia", sui grandi architetti. Almeno lungo tutto il '600
non subì il fascino della villa "firmata". Basti
pensare che di Villa Litta Arese a Lainate non si conosce l'autore,
e che lo stesso Dal Re nemmeno nomina gli architetti di Villa
Silva a Cinisello, di Villa Andreani a Moncucco, di Villa Clerici
a Niguarda, della ristrutturazione a residenza del castello di
Belgioioso. I grandi architetti lombardi del tempo, dai Ricchino
al Buzzi, dai Quadrio al Castelli, sono presenze rare nei cantieri
delle ville lombarde. Più che normale dunque che dell'autore
di Rocca Brivio non si sappia nulla. Si può ipotizzare
che, come altri patrizi milanesi, Luigi Brivio si sia fatto la
sua Rocca più o meno da solo: sul lontano ma significativo
esempio di Ludovico il Moro che, da solo, sul finire del '400
s'era fatto la sua Sforzesca (15).
Si può anche osservare che Rocca Brivio, che, pure nasce
chiaramente come residenza di campagna, non richiama, nella struttura
e nell'ornato, le altre contemporanee ville lombarde, ma piuttosto
i palazzi di città. Ancora oggi a Milano esistono alcuni
edifici secenteschi che confermano questa impressione: il Palazzo
Serbelloni (naturalmente il corpo secentesco, che guarda su via
San Damiano e su via Mozart); il palazzetto nella vecchia via
Cerva (oggi Cino Del Duca) in cui nel 1783 nascerà Giovanni
Berchet; il Palazzo Fagnani, in via Santa Maria Fulcorina. Dei
tre, il Palazzo Fagnani ci pare significativamente il più
vicino a Rocca Brivio: si vedano lo zoccolo in Ceppo lombardo,
le cornici marcapiano che corrono lungo tutta la facciata, il
balconcino, immediatamente sopra il portale d'ingresso, con ringhiera
in ferro battuto, il piano ammezzato che non si sviluppa per tutto
il Palazzo, le cornici delle finestre (quelle del primo piano
impreziosite, sotto il davanzale, da una "specchiatura"),
infine, sul lato sinistro, le lesene bugnate della facciata della
Cappellina (che però nel complesso appare già in
linee settecentesche).
(da Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura, Dipartimento
di conservazione delle risorse architettoniche e ambientali. Anno
accademico 1990/91 - "Rocca Brivio: ricerca storica, rilievo,
manutenzione", tesi di laurea. Relatore: Prof. Arch. Alberto
Grimoldi. Correlatrice: Arch. Carolina Di Biase. Laureande: Silvia
Baldini, Diana Masarin)
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