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Le
vicende edilizie
1.3 Gli interni
Si può cominciare dall'oratorio. Il resoconto di una visita
pastorale dell'arcivescovo di Milano, cardinal Giuseppe Archinto,
nel 1708 (23),
offre una sommaria descrizione di come appariva ai primi del Settecento.
Vi si legge che era "edificato con eleganza che caratterizza
lo stile romano", che dietro l'altare c'era un'ancona di
marmo con la rappresentazione della Natività della Beata
Vergine, alla quale l'oratorio è dedicato, che c'erano
balaustre di marmo, che da un lato si accedeva al palazzo padronale
e dall'altro alla sagrestia "convenientemente arredata".
Nella prima metà dell'800 Annibale Brivio intraprese lavori
di restauro dell'oratorio. Lo documentano il preventivo di spesa
datato 29 marzo 1828, il disegno delle imposte a vetri per le
finestre che si aprono all'altezza del marcapiano, datato 6 maggio
1830, e i disegni della porta principale, datati 7 maggio 1830
(24).
Il restauro riguarda: il pavimento; lo zoccolo che corre lungo
tutto il perimetro della cappella e le basi delle lesene, entrambi
di ceppo gentile (pulitura e stuccatura); il muro a sinistra dell'altare,
in cui vi sono infiltrazioni di umidità (scrostatura della
parte di intonaco "imbevuta di umido", "costruzione
di un tavolato … previo taglio di muro in rientranza",
"restauro dell'intonaco medesimo con polvere di marmo");
le lesene e le pareti in prossimità della porta (che sono
"in rustico" e per le quali è prevista la stabilitura
con polvere di marmo); tutte le lesene e i pilastri (tinteggiatura
"a doppia mano finto marmo breccino di Roma"); tutte
le pareti (pulitura e "imprimitura di bianco", gli "sfondati"
ripassati a doppia mano); le cornici ("tinte venate a finto
marmo Carrara bianco"); gli ornati e i capitelli ("doppia
imprimitura" di bianco); le tre finestre (nuovi serramenti
in legno di larice) (25);
la cantoria lignea sopra la porta d'ingresso (riparazione, "stuccature
di gesso e colla", raschiatura, tinteggiatura "a finto
bronzo con oro macinato"); la porta d'ingresso, con stipiti
e gradini (lo stipite è previsto in pietra di Viggiù
"con fregio e capello", i gradini in "mearolo");
la finestrella sopra la porta (l'imposta viene "ramata di
filo ferro intelajata di piattina"); la bussola ("Di
legno noce apribile in due ante da porvi internamente munita di
ferri analoghi… lustrata a pulimento"); il rosone di
legno che occupa il foro circolare al vertice della cupola ("intagliato…
con suo telajo circolare di sostegno, istuccato ed ingessato a
colla"); le quattro porte interne ("Da tintegiarsi con
biacca ad olio a doppia mano… e darvi una mano di vernice
copale") (26);
la porta e il parapetto di ferro della tribuna (tinteggiati come
le porte interne). Le spese dei lavori, con quelle del ponteggio,
degli alimenti per gli artigiani e del trasporto dei materiali,
ammontano a 2029,15 lire milanesi.
Si può pensare che a dirigere questo restauro Annibale
Brivio abbia chiamato l'architetto Giacomo Moraglia (27).
Tale ipotesi si fonda su due fatti: il primo è che l'11
maggio 1827 gli eredi di Cesare Brivio, morto l'8 marzo, si erano
rivolti a Moraglia per il progetto del monumento funebre da erigersi
nel cimitero di Porta Ticinese (28);
il secondo è che ancora a Moraglia, nel 1830, Annibale
Brivio affida l'incarico di risistemare tutto il "complesso"
Brivio, situato all'angolo fra la contrada dell'Olmetto e quella
delle Cornacchie (29).
Nel 1848 Annibale Brivio fa riparare i danni (30)
provocati dal passaggio delle truppe austriache durante la prima
fase della guerra. Si tratta di riparazioni di mobili e di serramenti
di porte e finestre del palazzo e dell'oratorio (31).
E' a questo secondo intervento che presumibilmente si riferisce
la data 23 marzo 1848 scritta sotto l'arco che sovrasta l'ingresso
dell'oratorio.
Un altro intervento nell'oratorio è dei primi di questo
secolo: l'ingegner Spirito Maria Chiapetta sostituisce le quattro
porte e i vetri delle due finestre e della finestrella sopra la
porta d'ingresso. Di Chiapetta resta anche il progetto, non realizzato,
del nuovo altare. Infine, dopo il 1964, l'Ordine dei Servi di
Maria procede a parziali sostituzioni dei mattoni del basamento.
Quanto agli interni del palazzo, il piano terra dell'ala nord
è suddiviso in cinque stanze. Dalla corte si accede a quella
che i Servi di Maria hanno trasformato in sala cinematografica,
con soffitto a travi a vista (32),
due finestre in noce di fattura settecentesca e, su uno dei lati
corti, un camino in pietra di Saltrio, con mensola, cornice e
stipiti arricchiti di erme. Da qui si passa nel corridoio, realizzato
dal Chiapetta ai primi del Novecento, che collega la scala nobile
con quella di servizio e su cui dà la sala da pranzo. Le
quattro finestre di questa sala, in noce, di fattura settecentesca,
guardano verso la corte; pure in noce è lo zoccolo specchiato
che copre tutte le pareti; il pavimento (33)
è a parquet in larice a spina di pesce e il soffitto a
travi a vista, "tinteggiato a gesso e latte" (34)
con decorazioni a motivi floreali e fascia dipinta; un camino,
con mensola, cornici e stipiti in pietra di Saltrio, porta riprodotto
sulla cappa lo stemma di famiglia. Sul corridoio danno anche due
stanze, con soffitti a travi a vista, che guardano a nord, e sono
attualmente sede della segreteria dell'Associazione Rocca Brivio
(quella di sinistra conserva il camino in Macchiavecchia).
La scala nobile, a due rampe parallele, ha la ringhiera in ferro
battuto che riprende i motivi del portone d'ingresso e della balaustra
del balcone, e le pedate in granito rosa di Baveno; il vano, col
soffitto a travi a vista e fascia dipinta, ha le pareti tinteggiate
a finto marmo (negli intradossi delle rampe, la decorazione è
a finto granito rosa di Baveno) e guarda a nord con tre finestre
in noce di fattura settecentesca. La scala di servizio, pure col
soffitto a travi a vista, è a tre rampe con ringhiera in
ferro e pedate in granito rosa di Baveno. Tutti i vani finora
descritti hanno pavimenti in marmette novecentesche ottagonali
rosse o esagonali bianche e rosse. Dal vano della scala di servizio
si accede a un piccolo bagno (ce n'è uno su ogni pianerottolo).
L'ala nord si conclude in un'ampia sala che dà sia sul
portico che a nord: lunga quanto tutta la larghezza del Palazzo,
ha il soffitto a volte a crociera, tinteggiato a latte di calce
e gesso con decorazioni a motivi insieme geometrici e floreali,
e sei porte specchiate in noce, con cimase a trabeazione, di cui
una, comunicante con la sagrestia, con stipiti ornati di teste
di putti intagliate.
Il pavimento è sempre in marmette novecentesche ottagonali
rosse. (Lungo tutte le pareti i Servi di Maria hanno disposto
uno zoccolo di compensato alto 130 centimetri).
Contigua a questa grande sala, nell'ala ovest del Palazzo, è
una stanza con lo zoccolo specchiato in noce, il pavimento a parquet
in larice a spina di pesce, il soffitto a travi a vista "tinteggiato
a gesso e latte" (35)
con decorazione a motivi floreali e fascia dipinta, e un camino
in Macchiavecchia senza cappa, e cornice e stipiti dalle modanature
molto semplici. Di qui si passa, verso sud, a un'altra stanza
con lo stesso zoccolo, il parquet a spina di pesce, ma in essenze
diverse, il soffitto a travi a vista "tinteggiato a gesso
e latte" (36)
con decorazioni a motivi floreali e fascia dipinta, e un camino
pure in Macchiavecchia con la cappa, e cornice e stipiti a modanature
più elaborate. Verso nord, invece, due porte si aprono
verso una stanzetta, adattata dai Servi di Maria a biblioteca.
Da qui si accede alla sagrestia che comunica direttamente con
l'oratorio.
Sempre nell'ala ovest, oltre l'androne (cioè l'ampliamento
novecentesco), il piano terra è diviso in sei vani di cui
due adibiti a cucina e uno a bagno; il quarto ospita la caldaia
dell'impianto di riscaldamento; il quinto è un semplice
disimpegno. I soffitti sono intonacati e i pavimenti sono in cotto.
Il sesto, con pavimento sempre in cotto e soffitto a travi a vista,
è quello della seconda scala di servizio, a tre rampe,
ringhiera di ferro e pedate in granito rosa di Baveno.
Il piano ammezzato si sviluppa per gran parte dell'ala nord (sette
locali, con soffitto a travi a vista (37)
e pavimento in cotto (38),
usati come abitazione da alcuni membri dell'Associazione Rocca
Brivio), all'estremità nord dell'ala ovest, sopra la sagrestia
(due locali, pure con travi a vista e pavimenti in cotto, usati
come abitazione da un altro membro dell'Associazione) e nell'ampliamento
novecentesco (quattro locali, con soffitti intonacati e pavimenti
in cotto, attualmente disabitati).
Al primo piano, partendo sempre dall'ala nord, la divisione dei
vani rispecchia sostanzialmente quella del piano terra. Le due
stanze verso nord, con soffitto a travi a vista (39)
e pavimenti in cotto (40),
sono abitate dal custode della Rocca. Il locale corrispondente
alla sala da pranzo, in cui sono attualmente sistemate varie reti
e brande, ha il soffitto con travi a vista tinteggiato a latte
di calce e gesso con decorazioni floreali e fascia dipinta, il
pavimento in cotto e un camino in Macchiavecchia senza cappa.
In corrispondenza della sala cinematografica i locali sono due:
una sala con altre reti e brande, soffitto con travi a vista tinteggiato
a latte di calce e gesso con decorazioni floreali e fascia dipinta,
e pavimento in cotto, e una stanza con una parete piastrellata
e un grande lavabo.
L'ala ovest, fino all'ampliamento novecentesco, risulta divisa
in due sequenze di vani contigui. La prima è costituita
da due locali in cui uno guarda a nord, l'altro verso la corte.
Quello a nord (cui si accede anche dalla scala nobile) è
una grande sala rettangolare, completamente spoglia, col soffitto
a travi a vista (sul quale molte tracce di stucco fanno pensare
a una sverniciatura) e faccia dipinta, e col pavimento a marmette
ottagonali rosse. Uno stralcio di una tinteggiatura parietale
precedente (preservato probabilmente da un mobile, oggi scomparso)
presenta motivi geometrici che richiamano quelli della scala nobile.
Segue un'altra ampia sala che si affaccia sulla corte con quattro
finestre (41),
il soffitto, a travi a vista in legno naturale e con fascia dipinta,
manca di ogni tipo di rifinitura ("regoletti", cornici
e incamiciatura); sul lato lungo si apre un imponente camino in
pietra di Saltrio, con la cappa su cui spicca, in uno scudo, il
biscione sforzesco, la cornice a figura geometriche (al centro
è lo stemma di famiglia) e gli stipiti ornati di erme e
terminanti a zampa di leone. Sul fondo del focolare ancora lo
stemma di famiglia su piastrelle di ceramica.
La seconda sequenza di vani contigui si apre, sempre partendo
da nord, con la stanza da cui i marchesi Brivio si affacciavano
sull'oratorio: il soffitto è a travi a vista "tinteggiato
a gesso e latte (42)"
con decorazioni floreali e fascia dipinta, il pavimento è
a parquet in larice a spina di pesce, la finestra, in noce, è
di fattura settecentesca. Seguono tre stanze di varie dimensioni
con pavimenti e soffitti dello stesso tipo. Il quinto vano è
la sala col balcone: il soffitto è simile a quello delle
stanze precedenti, il pavimento è in mattonelle di cotto;
due porte specchiate, di fattura ottocentesca, decorate a motivi
geometrici, sono arricchite da una cimasa a trabeazione (tinteggiata
a finta serpentinite).
Sempre al primo piano l'ampliamento novecentesco è diviso
in dieci locali, attualmente disabitati, di cui uno col soffitto
intonacato e nove travi a vista (cinque hanno fasce dipinte);
i pavimenti sono a listelli di legno di larice o a marmette ottagonali
rosse.
Infine il sottotetto risulta abitabile solo in parte: tre locali
dell'ala nord ospitano un altro membro dell'Associazione Rocca
Brivio; tre, a sud dell'ala ovest, sono attualmente disabitati.
(da Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura, Dipartimento
di conservazione delle risorse architettoniche e ambientali. Anno
accademico 1990/91 - "Rocca Brivio: ricerca storica, rilievo,
manutenzione", tesi di laurea. Relatore: Prof. Arch. Alberto
Grimoldi. Correlatrice: Arch. Carolina Di Biase. Laureande: Silvia
Baldini, Diana Masarin)
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