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I
proprietari di Rocca Brivio dal XIV secolo a oggi
Bernardo (1) e Franciscolo (2)
Il 22 marzo 1356, con rogito di Ambrogio Rizzolo (1),
Bernardo de Capitani fa testamento "a favore del ventre pregnante"
di sua moglie Giovanna: se nascerà un maschio sarà
l'erede universale, e al figlio naturale Ambrosolo andrà
la somma di 1000 fiorini; se nascerà una femmina, erede
universale sarà Ambrosolo, e alla figlia andranno 3000
lire terzuoli; se poi i figli non avranno discendenza maschile,
un quarto dei suoi beni (terre ed edifici nel territorio di Melegnano,
San Giuliano e Bocca d'Adda) andrà ai nipoti Bernardo e
FRanciscolo de Bripio (figli di Comello e di Catellina de Capitani).
Non si sa se il testatore abbia avuto un maschio o una femmina,
ma nè l'uno nè l'altra deve aver avuto figli maschi,
giacchè nel rogito di Lucchino Abbiate (2),
del 1 novembre 1388, Franciscolo risulta essere il proprietario
dei beni della Rocca (3).
Bernardo non viene citato, quindi è probabile che abbia
perso o venduto la sua parte. In ogni caso anche Francesco intorno
al 1390 deve aver perduto quei beni. E "per ricuperarli ratificò
in Lodi, dove abitava in parrocchia San Nabore e Felice, la convenzione
statuita dal figlio Gian Paolino con Ottone Rusca il 5 febbraio
1392 (rogito Paolino Capella) ed insieme col fratello Bernardo
giurò l'osservanza di quei patti (4)
".
Che comunque alla fine del secolo Franciscolo avesse il godimento
di quella proprietà (700 pertiche milanesi, comprendenti,
oltre alla Rocca, numerosi caseggiati), è attestato dal
rogito di Giovanni Lanzi e Giacobino Borro del 10 febbraio 1397
(5):
nel quale Luchino de Landriano, Priore del Monastero di Santa
Maria di Calvenzano, che ne possiede il diretto dominio, considerandone
lo stato di abbandono e il fatto che il suo monastero non può
provvedervi, giela concede in enfiteusi perpetua.
Il 15 aprile 1399 Gian Galeazzo Visconti rinnova a Franciscolo
Brivio, come erede della madre, l'investitura feudale delle acque
del Lambro, della Vettabbia e della corte Lugaria (6),
già concessa da Enrico VII alla famiglia de Capitani, nel
1311.
Franciscolo sposa Eva Biraga, che gli dà dieci (7)
figli: Giuseppe, Lanfranco, Gian Paolino, Baldo, Antonio, Giovanni,
Dionigi, Comello, Maffiolo, Galeotto. Muore nel 1402.
Gian Paolino (3)
Il 20 novembre 1402 (rogito di Giovanni de Lantis) (8)
Gian Paolino, che abita a Pavia nella parrocchia di San Felice,
eredita dal padre insieme ai fratelli (9),
i beni della Rocca e, con i fratelli, paga ai monaci di Santa
Maria di Calvenzano il livello annuo di 25 libbre d'argento e
di un paio di zoccoli per ogni monaco.
Il 16 maggio 1412 viene ucciso il duca Gian Maria Visconti. Gian
Paolino, considerato complice degli assassini, è messo
al bando e si vede confiscati tutti i beni. Ma il 2 gennaio 1413,
assolto da ogni accusa, può rientrare nel ducato. E il
18 marzo 1413 (rogito Pietro di Ragni e Paolino de Osnago) Riccardo
da Moriggi, priore di Santa Maria di Calvenzano, gli rinnova l'enfiteusi
perpetua di alcuni beni della Rocca aumentandone il censo annuo
a 32 lire e con l'obbligo di fornire "par unum cibrarum"
a ogni monaco nel giorno di San Martino.
Intorno al 1423 Dionigi, canonico ordinario della Chiesa metropolitana
di Milano, è nominato dai fratelli rettore della chiesa
della Rocca.
Gian Paolino fa testamento il 19 aprile 1441 (rogito di lancillotto
Montabretto) e nomina erede universale la figlia Ginevra. Se però
Ginevra non avrà discendenza i suoi beni passeranno interamente
agli zii (Giuseppe, Baldo, Antonio, Giovanni e Dionigi, fratelli
di Gian paolino); se avrà solo discendenza femminile, agli
zii ne passerà solo la metà. Gian Paolino muore
intorno al 1450.
Ginevra (4)
Al tempo del testamento paterno Ginevra è sposata con Venceslao
da Caxate. Il 10 dicembre 1447, con testamento rogato da Ambrogio
de Cayrate, il marito la istituisce erede di metà dell'usufrutto
di tutte le sue sostanze.
Il 22 marzo 1452 il duca Francesco Sforza esenta da ogni imposta
i beni che Ginevra possiede a Melegnano (eredità del padre),
a Usmate e a Velate (legato del marito).
Il priore di Santa Maria di Calvenzano, Mafieto di Coconato, il
19 aprile 1453 (rogito di Ambrogio de Coliate), riconosce a Ginevra,
in quanto figlia e unica erede di Gian Paolino, l'enfiteusi perpetua
dei beni della Rocca.
In una revoca di procura, del 24 marzo 1462, Ginevra è
detta vedova di Venceslao da Caxate. Nel 1465 risulta essere moglie
di Alessandro Guadagnini della Fontana de Regio. Avendo deciso
di vendere l'utile dominio dei beni della Rocca al prezzo di 5
fiorini e mezzo d'oro la pertica, il 23 marzo 1465 ne informa
il commendatario del priorato di Santa Maria di Calvenzano (10).
Il 7 maggio 1465 (11),
col consenso del marito e del cugino Ambrogio Brivio, figlio di
Lanfranco, chiede al vicario di Provvisione, Cristoforo de Perusini,
che sia fatta pubblica grida della vendita nella Loggia degli
Osii a Milano e sulla piazza di Melegnano.
Il 3 gennaio 1467 Giovanni Guazzani compera l'utile dominio dei
beni della Rocca (12)
e nel giugno dell'anno seguente lo rivende a Bellino Gaffuri (13),
il quale, a sua volta, lo rivende il 7 marzo 1489 a Giovanni Francesco
Brivio, figlio primogenito di Giacomo Stefano.
Quanto al diretto dominio, esso passa dal monastero di Santa Maria
di Calvenzano al capitolo maggiore della chiesa metropolitana
di Milano e, tre secoli dopo, al marchese Cesare Brivio, che,
approfittando della legge sull'incameramento dei beni ecclesiastici,
si libera nell'ottobre 1805 (rogito del notaio Gian Battista Riva)
del censo annuo, pagando al regio demanio 4500 lire.
Giovanni Francesco (5)
Fa testamento l'11 novembre 1511 (rogito del notaio Boniforte
Gira) (14)
nominando erede il figlio Giuseppe Dionigi e sua tutrice usufruttuaria
la moglie Margherita Landriani, a cui toglie l'obbligo di fare
l'inventario e di dover rendere conto a terzi del proprio operato,
e per la quale chiede al re Luigi XII di poter derogare agli statuti
milanesi, che non consentono di lasciare al coniuge superstite
più di un quarto della sostanza.
Stabilisce il diritto di primogenitura sul palazzo di famiglia,
nella parrocchia di San Fermo (15),
a Milano e sui beni della Rocca. Nel caso che il suo primogenito
Giuseppe Dionigi non abbia figli maschi, quei beni andranno al
primogenito del fratello Gian Aloigi; nel caso che neanche Gian
Aloigi abbia figli maschi, andranno al primogenito del fratello
Alessandro.
Muore il 2 dicembre 1517. Quello stesso anno la moglie ottiene
la deroga da Francesco I, successo a Luigi XII.
Giuseppe Dionigi (6)
Eredita dal padre i beni della Rocca. Nelle scritture d'affitto
(16)
relative a tali beni si dice che la "casa del gentiluomo"
(si tratta della Rocca Brivio) è riservata al proprietario.
Il 18 giugno 1530 Francesco II Sforza concede a Giuseppe Dionigi
l'esenzione dalla tassa del sale sui suoi beni di Pairana, Cavenago
e della Rocca (17).
Dai registri della parrocchia di San Fermo a Milano risulta che
Giuseppe Dionigi muore il 15 giugno 1580 (18).
Non si ha notizia del suo testamento. Lascia cinque figli, di
cui due femmine. Le sue sostanze vanno al figlio primogenito Sforza.
Sforza (7)
Fa testamento il 24 settembre 1604 (rogito di Vincenzo Castiglioni)
(19)
e nomina eredi universali i figli Giovanni Battista e Dionigi
Cesare. Giovanni Battista, referendario apostolico, muore il 14
giugno 1612 e lascia la sua parte al fratello.
Dionigi Cesare (8)
Muore il 16 novembre 1634. Nel testamento (rogito di Cesare della
Porta) (20)
nomina eredi i figli Dionigi, Francesco, Sforza e Luigi.
Dionigi, il primogenito, muore prima del padre senza lasciare
eredi (21);
Francesco, inseguito alla morte del fratello, lascia la carriera
ecclesiastica e sposa Isabella Visconti, ma il 6 aprile 1640 viene
ucciso da ignoti; il fratello Sforza, è già avviato
alla carriera ecclesiastica (22);
i beni di Dionigi Cesare passano quindi a Luigi.
Luigi (9)
Fa costruire la Rocca Brivio nella forma attuale (23),
spendendo 70.000 lire imperiali (24).
Muore il 30 giugno 1676. Nel testamento, datato 31 maggio 1676
(rogito di Francesco Maria Perino) (25),
istituisce eredi in parti uguali i figli maschi Cesare, nato dal
secondo matrimonio con Cecilia Rovida, e Guido Antonio, nato dal
terzo matrimonio con Maria Teresa Stampa.
Guido Antonio, cattivo amministratore dei propri beni, il 20 febbraio
1715 (rogito del notaio Vito Bartolomeo Bazzetta) dona tutto al
fratello Cesare, a condizione che gli saldi i debiti, gli riservi
una pensione vitalizia di 5000 lire imperiali, gli consenta il
godimento della casa di Milano e del palazzo della Rocca Brivio
a Melegnano, e la facoltà di poter disporre nel testamento
di 10.000 lire imperiali (26).
Cesare (10)
Muore il 21 febbraio 1723 lasciando eredi in parti uguali i figli
Luigi Gaetano e Giovanni Battista (testamento del 19 gennaio 1723,
rogito del notaio Vito Bartolomeo Bazzetta) (27).
Giovanni Battista muore il 4 gennaio 1753. Nel testamento, datato
10 settembre 1746 (28),
ha nominato erede universale il fratello Luigi Gaetano.
Luigi Gaetano (11)
Muore il 14 febbraio 1766. Non c'è traccia del suo testamento.
La moglie Giovanna Visconti gli dà un unico figlio maschio,
Sforza.
Sforza (12)
Nel testamento, del 10 luglio 1799 (rogito di Gerolamo della Croce)
(29),
lascia eredi in parti uguali i figli Cesare e Francesco.
Francesco, cadetto, nomina erede, nel 1803, il fratello Cesare.
Nel testamento (30)
chiede che, dopo la morte, vengano celebrate messe in suo suffragio
nelle parrocchie di Roma, Milano, Rocca Brivio e Pairana.
Dopo la morte di Sforza, il 13 agosto 1799, tutta la partita catastale
a lui intestata nel comune di Santa Brera passa al figlio Cesare
(31).
Cesare (13)
Muore l'8 marzo 1827. Nel testamento (olografo) (32)
del 23 settembre 1823 nomina eredi i figli Annibale, Luigi Giacomo,
Gian Battista e Francesco.
I beni della Rocca spettano al figlio Annibale.
Annibale (14)
Alla morte dell'agnato Annibale, figlio di Ippolito, eredita la
maggior parte delle sostanze della famiglia Brivio, che tre secoli
prima erano state divise fra i figli di Giacomo Stefano.
Fa testamento il 18 maggio 1851 (rogito di Carlo Galandra) (33),
e nomina erede universale il figlio Giacomo.
Giacomo (15)
Sposa nel 1856 Maria di Castelbarco Albani Visconti Simonetta,
da cui ha Cesare, e in seconde nozze, nel 1886, Angela Clerici,
da cui ha Annibale e Luisa.
Muore il 20 aprile 1901. L'eredità (34)
viene divisa in due lotti (A e B). Rocca Brivio si trova nel lotto
A, che va al primogenito Cesare.
Cesare (16)
Spasa nel 1880 Giuseppina Medolago Albani, da cui ha Maria, Teresa,
Giacomina e Beatrice. Nel 1914, dopo la morte della prima moglie,
sposa Camilla Broggini. Nel testamento, del 21 dicembre 1919 (35),
nomina eredi universali le figlie, lasciando alla seconda moglie
la casa in via Aurelio Saffi, il podere detto Ospedaletto e l'usufrutto
del palazzo di Rocca Brivio e "annessi servizi... col diritto
di usare pure del mobilio in essi contenuto".
Muore nel 1925. L'eredità viene divisa in quattro lotti
(36).
I beni di Rocca Brivio, che sono nel primo lotto, vanno alla figlia
Giacomina detta Concetta (37).
Giacomina Concetta (17)
Rimasta nubile, fa testamento il 23 maggio 1965 (38).
Dona il palazzo di Rocca Brivio all'Ordine dei Servi di Maria
a condizione che nella cappella del Palazzo vengano celebrate
due messe quotidiane e che una comunità femmeinile o gruppi
o movimenti religiosi risiedano stabilmente nella Rocca (fanno
parte della donazione anche i mobili e gli arredi sacri esistenti
nella cappella). Muore nel 1967.
Servi di Maria
L'ordine religioso il 13 febbraio 1970 dà in uso la Rocca
all'Associazione Rocca Brivio (laica) per trent'anni. Le condizioni
non vengono rispettate. I nipoti di Giacomina Concetta, entrati
in causa con la Provincia Veneta dei Servi di Maria, la vincono.
Rocca Brivio Sforza S.p.A.
Nel settembre 1990 la Rocca Brivio passa in proprietà alla
società Rocca Brivio Sforza, di cui sono parte importante
Ranieri di Carpegna Brivio e FRancesco Sagramoso, nipoti di Giacomina
Concetta Brivio.
(da Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura, Dipartimento
di conservazione delle risorse architettoniche e ambientali. Anno
accademico 1990/91 - "Rocca Brivio: ricerca storica, rilievo,
manutenzione", tesi di laurea. Relatore: Prof. Arch. Alberto
Grimoldi. Correlatrice: Arch. Carolina Di Biase. Laureande: Silvia
Baldini, Diana Masarin)
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