
Sac. Enrico
Villa
San Matroniano
nella leggenda
e nella storia
Documenti e note critiche
Milano
Basilica dei SS. Apostoli
e Nazaro Maggiore
1942-XX
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La
Basilica Apostolorum
Il 30 marzo dell'anno 1075 Milano subisce un violento incendio, che dal
centro si propagò sino alle Basiliche extramurane; tra queste la
Basilica degli Apostoli.
I più pensano, per il consueto sentito dire, che l'attuale organismo
architettonico appartiene alla ricostruzione eseguita dopo l'incendio
del 1075.
La Basilica degli Apostoli ebbe sì molti studiosi ma tale fu lo
scempio a cui fu soggetta nel corso dei secoli, che a stento l'attuale
organismo rivela l'epoca di sua origine, e nessuno sino ad ora osò
pronunciarsi.
Ambrogio, il romano colto, dovette ammirare la grandiosa mole della Basilica
Vetus, costruzione imperiale eretta a trionfo del cristianesimo dopo l'editto
di Milano del 313. Ma Ambrogio edotto dagli incresciosi fatti del 378,
quando gli Ariani occuparono una basilica, per altro non fidandosi dell'agire
ambiguo degli imperatori, desiderò certo di erigere una basilica
sulla quale vantare paternità; Satiro e Marcellina lo incoraggiarono
e l'aiutarono.
Oltre agli scritti, ai sermoni in difesa della fede. Ambrogio voleva innalzare
un baluardo che testimoniasse il credo del suo popolo; l'Apostolejon della
Chiesa Milanese.
Ambrogio, lo pensiamo in cerca di una porzione di terra, sacra, degna
quindi di sostenere il tempio dedicato ai Banditori dell'Evangelo.
Fuori le mura di Massimiano all'inizio della via che conduceva a Roma,
percorsa da mura imponenti, che studiosi stanno delineando, si estendeva
una vasta zona cemeteriale pagana e poi cristiana.
Ambrogio sapeva che quivi vennero sepolti dei vescovi e non pochi Martiri
Milanesi dei primi tre secoli di vita cristiana.
Due di queste tombe caratteristiche, con spoglie umane riconosciute di
martiri e che veneriamo dietro decreto pontificio sotto i nomi di Venusto
e Niceto, vennero trovate il 1 aprile 1845 nei pressi della canonica ed
altre nel 1842 accanto all'ormai distrutta chiesa di sant'Agata.
Sul ritrovamento di queste tombe non v'è a dubitare, e se fondatamente
rimane incerta la qualifica di martire è pure probabile che si
tratta di tombe di cristiani del II e III sec. d.Chr., secoli di martirio.
Sarà un fantasticare, ma è umano il pensare Ambrogio in
procinto di portarsi nell'Illiria, ad Aquilea, e Roma per difendere il
credo cattolico, in devota preghiera chino sulla tomba dei martiri, e
ritornando alla sua città deporre sulle medesime la preghiera di
ringraziamento e tracciare il perimetro della Basilica degli Apostoli;
a forma di croce con al centro l'altare, non si curò dell'orientamento,
poiché volle che la Basilica fosse innestata a quelle mura preesistenti,
che fiancheggiavano l'inizio della via Romana.
La relazione che intercorre tra la Basilica e le tombe preesistenti non
è casuale; auguriamoci che presto i promotori e studiosi della
Forma Urbis di Milano possano farci conoscere le loro preziose indagini.
L'estate del 382 Ambrogio è di nuovo a Roma per un nuovo Concilio
in difesa dell'ortodossia, di ritorno porta seco un pegno sacro, alcune
Reliquie degli Apostoli o meglio dei veli brandea ottenute da papa Damaso.
Le deporrà racchiuse in una preziosa ed artistica custodia, sotto
l'altare della basilica di Porta Romana, oramai ultimata, compiendo la
solenne dedicazione, conclusione di dieci anni di lotta contro l'Arianesimo
ed a cantico di vittoria.
Non a caso ricordo che nell'anno 382, come qualcuno sostiene, si compilò
quella formula di fede cattolica, nota sotto la denominazione di Simbolo
Atanasiano.
I documenti che riguardano la Basilica dalle sue origini al mille scarseggiano
e per lo più sono incompleti, scarse e confuse pure le notizie
tramandate dalla tradizione. Si nutre speranza che nel periodo del restauro
gli scavi condurranno a nuove conclusioni e ad impensati accertamenti.
La vicenda che sempre colpì la fantasia degli storici e studiosi
della Basilica, sì da costituire una pietra angolare, fu certo
l'incendio del 1075.
Sarebbe azzardato il negare che la distruzione, per buona parte, della
costruzione di Ambrogio non sia dovuta ad un incendio, infatti ad ogni
sondaggio del sottosuolo elementi chiari mostrano la deleteria azione
del fuoco.
Dell'incendio del 1075 e di precedenti furono facile preda le coperture
in legno, vilia tecta le chiama Ennodio, mentre le mura perimetrali ed
i pilastri centrali rimasero più o meno deturpati.
Su di questi ruderi irrobustiti, si innestò la Basilica romanica.
Invero osservando l'ampia cupola, corona posta all'incrocio dei due assi,
male si legano i quattro pilastri di sostegno col romanico tiburio.
Dopo le deturpazioni del Pestagalli, compiute all'inizio del secolo scorso,
la struttura romana dei pilastri è ancora più manifesta.
Nel deleterio incendio il sepolcro di Matroniano subì danni? E
nella rifatta Basilica venne posto altrove?
Non esistono documenti od indizi che diano una risposta; si è pertanto
indotti a supporre che lo si lasciò in uno angulo.
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