
Sac. Enrico
Villa
San Matroniano
nella leggenda
e nella storia
Documenti e note critiche
Milano
Basilica dei SS. Apostoli
e Nazaro Maggiore
1942-XX
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L'attuale
cappella di san Matroniano
Per chi sarà ancora è bene stendere la descrizione dello
stato attuale della cappella di san Matroniano.
Nonostante che un secolo sia trascorso dall'ultima riforma la cappella
è rimasta quale il Pestagalli la camuffò, architettonicamente
non venne toccata né all'interno, né all'esterno.
La pianta rettangolare può suddividersi in un quadrato al centro
ed in due rettangoli posti ai lati; suddivisione che è pure richiamata
in alzato.
La parete frontale racchiusa fra le due pilastrate quella della cupola
e quella dell'abside di levante, coronata dall'ampio arco d'imposta della
volta a vela è forata da un vano, vero boccascena, rotto dal gioco
di due colonne coi capitelli dorici, tirate a stucco, raccordate tra loro
da un arco, che con la trabeazione che dalle colonne va a poggiare sulle
lesene pure a stucco, creano una struttura architravata di nessun effetto;
sulla parete di fondo si ripete simmetricamente con lesene a stucco il
gioco frontale.
Nelle pareti di fianco sono praticate due porte, la destra conduce sotto
un porticato della canonica, la sinistra dà in un piccolo vestibolo
che introduce nella navata dell'Altare maggiore e nell'ex cappella di
san Lino, ora corridoio che mena nella corte.
Il quadrato centrale è ricoperto da volta a vela sì da impedire
la visione della cupoletta ottagona costruita nel 1653, usufruita una
volta a stanza per gli inservienti e da anni reggia di topi e ragni. I
rettangoli laterali hanno volta a botte.
L'altare è sito a ridosso della parete di fondo tra le due lesene.
Un grande dossale si sviluppa verticalmente sino alla sagoma ricorrentesi
nell'interno della cappella.
La mensa formata da una lastra di pietra coi bordi in marmo di Candoglia
è sostenuta da due testine d'angiolo, sopra la mensa il dossale
forma un alto gradino che sostiene a sua volta un riquadro, ottenuto con
lesene ioniche e trabeazione relativa, e che incornicia la pala fatta
eseguire l'anno 1653, autore fu Carlo Cane; in alto fra angioletti sta,
sopra nubi seduta, al Vergine che sostiene rito Gesù Bambino, ai
piedi al centro è la figura di san Matroniano in atto di intercessione,
alla destra di chi guarda è la figura di san Rocco con la caratteristica
conchiglia sulla spalla, un angelo gli discopre la gamba e mostra la piaga,
alla sinistra vi è san Nazaro che pure prega, accanto è
il fanciullo Celso che guarda i fedeli ed addita la Vergine, ai piedi
loro è stesa una palma e la spada, strumento e trofeo del martirio.
Scomparsi, chissà quando, i due quadri bislunghi contigui all'altare,
opera di Filippo Abbiati, descritti dal Torre e dal Latuada.
Invece loro venne murata alla destra per chi guarda una lapide con l'effige
del Prevosto Giuseppe Pozzi, nel sottostante pavimento in una urna, ricoperta
da una piccola lapide, vennero deposte le sue ossa.
Ecco il testo delle epigrafi:
IOSEPH POZZI
HUIUS BASILICAE XX ANNOS PRAEPOSITUS PAROCHUS
VIR INGENIO VIRTUTIBUS PASTORALI SOLLECITUDINE EXIMIUS
CATHOLICA DOCTRINA AB INITO SACERDOTIO
STRENUUS PROPUGNATOR
CHRISTIANA JUVENTUTIS INSTITUTIONE ALDE MERITUS
INEXHAUSTA IN PAUPERES LIBERALITTE
INTEGRITATE ET AUSTERITATE VITAE CONSPICUUS
SOAVITATE MORUM OMNIBUS CARUS
OBIIT DIE XIX DECEMBRIS MCMVI
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ADMIRATIONIS ET GRATI ANIMI CAUSSA
PAROECIANI AIQUE CIVES
P.P.
E sopra l'urna:
IOSEPH POZZI
CUIUS OSSA
PROPINQUORUM PIETATE
GRATO AMICORUM ANIMO
PAROCHI SUCCESSORIS
VIGESIMUM OFFICII ANNUM
CELEBRANTIS STUDIO
HIC RECONDITA
III A. KAL. OCT.
MCMXXVII
Alla sinistra dell'altare sta appesa una tela di modeste proporzioni che
mostra san Luigi in orazione.
Durante lo svolgersi della tradizionale ricorrenza delle sei feste ad
onore di san Luigi celebrata dalla gioventù parrocchiale, la tela
è posta sulla mensa sopra di un piedestallo, che a tergo porta
una iscrizione che dice, come la Mamma stessa di Luigi, lui vivente, abbia
fatto dipingere le fattezze del figlio; vero ritratto.
Sulle pareti laterali sopra le due porte stanno appese due ampie tele:
quella destra rappresenta Anna in ginocchio ed in adorazione, la tela
buon pezzo di pittura non è completa, l'altra a sinistra, avvolto
lo scheletrito corpo da un manto rosso porpora mostra san Gerolamo in
ascolto, in alto un angelo suona la tromba simbolo dell'ispirazione.
E santa Anna e san Gerolamo non hanno nulla a che fare con la cappella
di san Matroniano, mentre scomparvero le due tavole, opera l'una di Andrea
Lanzoni che dipinse il santo Eremita nell'atto di ricevere pane celeste
dagli angeli, l'altra di Federico Panza che rappresentò lo scoprimento
del santo cadavere seppellito nell'oridezza di una disabitata boscaglia.
Fortunatamente questa seconda tavola è rimasta in Basilica e non
dubito sia il primo dei tre quadra appesi alla parete che divide l cappella
di santa Caterina dalla navata di ponente; in primo piano con un tentativo
di uno scorcio prospettico il pittore rappresentò il Corpo dissepolto
con la scritta fra le mani, attorno, meravigliati i contadini che lo tolsero
dalla buca e da un lato il nobile Guglielmo coi cani, in secondo piano
si osserva la partita di caccia. Valore artistico ne possiede.
Al fianco destro della porta della parete laterale destra all'altezza
di uomo sta murata una lapide dal testo:
D.O.M.
ET MEMORIAE AEERNAE
JACOBI MELLERI
COMITIS ALBIATI
IN REG. DUC. MAGISTRATU MEDIOLANENSI
REI AUGUSTALI CURANDAE
CONSILIARII O. M.
QUEM
MUNIIS AMPLIORIBUS PAREM
AGRICOLTURAE ET ARTIUM COMMODO NATA
SOCIETAS PATRIA COOPTAVIT
VIX ANNOS LXXII
CARUS IMNIBUS PLUS MULTO EGENIS
DECESSIT A. MDCCLXXXII
MOERENTISSIMIS CONIUGI PATRUELI NEPTI
DESIDERIUM
A pavimento del breve corridoio che da questa porta conduce sotto al porticato
ed al cortile si fece uso di lapidi; la loro dicitura è quasi scomparsa.
Al fianco sinistro della porta della parete laterale di sinistra e che
introduce in un piccolo atrio che dà all'altare maggiore ed anche
nella ex cappella di san Lino, è murata un'altra lapide pure all'altezza
di uomo.
Il testo:
D.O.M.
IN HUIUS ARAE CULTUM
D. MATRONIANI ANACORETAE
QUA TUTELARIS SUI
SERVANTUR CINERES
IO BAPTISTA ROVVIDIUS
SACERDOTIUM
AD SACRA QUOTIDIE PERAGENDA
PRECESQ CANONICAS IN CHORO
CERTIS DIEBUS PSALLENDAS
HONESTIS REDITIBUS AUXIT
DOTAVITQ
ET SEPULCRUM HIC SIBI
UXORIQ CARISSIMAE
PARAVIT
OBIIT ANNO RESTITUTAE SALUT
MDCX
L'iscrizione pur essendo incisa su di una lastra di marmo per la grafia
troppo regolare sembra rifatta.
Comunque sta ad affermare la venerazione che il popolo tributava al santo
Eremita ivi sepolto, e con quanta sollecitudine Giovanni Battista Rovidio
interprete del sentimento comune dotò la cappella di giuste rendite
per la celebrazione di Messe quotidiane e per la recita in coro dell'Ufficio
Divino e come anche si preparò il sepolcro accanto a quello del
suo santo patrono; si era nell'anno 1610.
La cappella ha il pavimento in cotto giallo e rosso; na balaustra con
cancello la divide dalla navata di levante.
Invano si cerca un segno od altro che indichi la ubicazione del sepolcro
o dell'urna con le Sacre Ossa dell'Eremita.
L'esterno della cappella non presenta alcunchè di notevole, essendovi
a ridosso casupole e catapecchie.
E' visibile un'apertura circolare, ampio occhio murato, e la cupoletta
ottagona intonacata; delle finestre con gelosie ed un ballatoio con ringhiera
tradiscono la trasformazione dell'interno della cupola in stanza di abitazione.
La cupoletta è coronata alla sommità da un lanternino.
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